Gli Arctic Monkeys, che inaugureranno il tour 2018 a Los Angeles il 5 maggio prossimo, e toccheranno l’Italia a Roma e Milano tra maggio e giugno, come tanti paesi europei tra singole/doppie date nelle capitali e festival, sono ormai fenomeno pop vista la richiesta di biglietti per i concerti superiore alle attese.
Fra pochissimo verrà pubblicato il nuovo singolo della nuova era della Scimmie Artiche, la sesta. L’album di inediti a quanto ci è dato sapere è atteso sempre in maggio. Le indiscrezioni ci dicono che le Scimmie faranno qualche esperimento simile ad Humbug, il loro terzo disco datato 2009.
La richiesta di biglietti per i concerti è stata superiore alle attese, non solo da noi. La man bassa di tagliandi ha delle spiegazioni che vanno ben oltre la sempre additata piaga del secondary ticketing:
- C’è una nuova numericamente importante leva di giovanissimi fruitori musicali diretta conseguenza di fenomeni come One Direction, che hanno riempito gli stadi, e adesso iniziano ad allargare un po’ i loro orizzonti. Arctic Monkeys a parte, queste teen band hanno poi una ricaduta benefica per tutta lo scenario inglese vecchio e nuovo in particolare. Qualche sciocco integralista storcerà il naso nel vedere robe del genere, ma d’altro canto non siamo più nel 2005 o 2006.
- La sempre decrescente offerta di “rock” da parte dell’industria musicale. Basta buttare un’occhiata alle classifiche di ascolti sulle varie piattaforme per capire che aria tira in proposito. Poche le band di grido, e quando arrivano c’è l’assalto alla diligenza.
- La dimensione “più internazionale” che gli Arctic Monkeys si sono dati sbiadendo un po’ la Union Jack e trasferendo baracche e burattini negli Stati Uniti, percorso in realtà iniziato già nel 2009, quando il terzo album Humbug prendeva le distanze dal filone indie britannico che in quel momento era in fase calante, e che comunque rimaneva fenomeno di nicchia e non di massa. I paragoni lasciano il tempo che trovano e ognuno la pensa come vuole, ma siamo all’esatto opposto di band come Oasis e altre, che proprio sul being british hanno puntato tutto e anche molto bene, ma allo stesso tempo non sono riuscite a sfondare oltreoceano proprio per questo. La mossa è stata restare alla larga da etichette territoriali marcate, che pur al principio erano ben definite, volendo aumentare il pubblico potenziale.
- L’ultimo album AM ed in particolare la superhit Do I Wanna Know? hanno definitivamente proiettato la band nel mainstream globale. Non ci siamo perciò scandalizzati quando nostra cugina fan di Marco Mengoni ci ha chiamato che era rimasta senza biglietti per i concerti.
- Le intelligenti mosse del management della band. Arctic Monkeys è un brand incredibilmente fresco nonostante sia in circolazione da più di un decennio. Il gruppo oggi pur non avendo ancora pubblicato nulla di nuovo sembra essere accompagnato da una aurea mitizzata da “ultima rock band“. Semplice fortuna o tempismo, molto è dovuto dall’aver iniziato la carriera in una epoca primordiale se non pre social network. L’offerta confusionaria e caotica delle app con tutta la musica del mondo stritola le vecchie e romantiche velleità dei gruppetti che partono dal garage sotto casa. Alex Turner e compagni invece iniziarono proprio così!
A fra pochissimo con Arctic Monkeys #6.