Con il settimo album in studio, The Car, gli Arctic Monkeys si sono confermati come uno dei migliori gruppi del panorama internazionale, soprattutto dal vivo. Ma questo, in fondo, lo sapevamo già. Ciò che però non tutti sanno è dove e come si è svolto il primo concerto degli Arctic Monkeys. La storia è molto particolare e, per noi fan delle scimmie artiche da Sheffield, decisamente affascinante.
Il concerto si è svolto venerdì 13 giugno 2003. Jamie Cook, il più grande delle quattro brufolose scimmiette di allora, avrebbe compiuto 18 anni il mese seguente. La location era il The Grapes, a metà strada tra un pub e una sala concerti. Ancora oggi, se passate di lì, qualcuno vi racconterà questa storia.
Il cartellone della serata diceva: “concerto dei The Sound, open act: Arctic Monkeys”. Nei The Sound – che cambieranno poi nome in Seven Hills – suonava Matt Revil, un batterista che precedentemente aveva militato in un gruppo chiamato The Wanted. Informazione apparentemente superflua, ma assolutamente essenziale, dato che nei The Wanted ci suonava anche un certo Rob Nicholson, fratello maggiore di Andy, primo bassista degli Arctic Monkeys. I The Sound decidono quindi di farsi aprire il concerto dalla giovane band del fratello di Rob, dato che, tutto sommato, si giocava in casa.
Fin dal soundcheck ci si rese conto che non era un band qualsiasi
Come andarono le cose ce lo racconta una persona che c’era: Carl Maloney. No, non è un ex cestista degli Utah Jazz, ma un membro dei The Sound, che sarebbe poi diventato un giornalista musicale e promoter. Maloney, a cui dobbiamo gran parte di questa ricostruzione, racconta che già dal soundcheck si rese conto di essere davanti ad una band fuori dal comune.
È bene capire che era (ed è ancora, soprattutto in location dove non ci sono mixer digitali) usanza comune che la band principale faccia il check per prima, così che il gruppo di supporto possa lasciare montata la propria strumentazione sul palco (dato che dovrà esibirsi per prima). “Finito il nostro check – racconta Maloney – toccava a loro. Ci fecero una richiesta bizzarra, non era mai avvenuto prima. Ci chiesero di lasciare la sala e fare il soundcheck da soli”.
Fin dal loro primo concerto gli Arctic Monkeys avevano capito l’importanza di effettuare un soundcheck in modo professionale. Non solo cercando di avere meno distrazioni possibile, ma anche limitando il numero di persone presenti in sala, per ottimizzare la qualità del suono attraverso settaggli mirati. O, forse, erano solo spaventati dal giudizio di una band più consolidata. Chi lo sa.
Il primo concerto degli Arctic Monkeys: it’s show time
“Mezza Sheffield giura di essere stata a quel concerto, ma vi assicuro che non c’erano più di 40 persone tra il pubblico”, racconta Maloney, prima di spiegare che tra questi 40 c’erano i familiari di entrambe le band e “ragazzini che fingevano di avere l’età legale per bere alcolici”.
Durante il set del loro primo concerto gli Arctic Monkeys suonano 9 cover e 2 inediti: Curtains Close e Ravey Ravey Ravey Club. Entrambe finiranno in Beneath The Boardwalk. La restante parte della scaletta è tutta un po’ vaga, dato che diversi testimoni, forse gli stessi che avevano mentito sull’età per bere, ricordano versioni differenti. Di sicuro suonarono almeno due brani dei The Strokes, uno dei White Stripes (Hotel Yorba) e qualcosa dei Beatles. Tutti però concordano sul fatto che accennarono a The Rockafeller Skank di Fatboy Slim. Si, quella che per gli ascoltatori più distratti è “la canzone di FIFA ‘99”.
La BBC riferisce che per questo primo concerto gli Arctic Monkeys vennero pagati solo 27 sterline. La storia però non finisce qui. Vi ricordate di Matt Revill, il batterista dei The Sound? Beh all’epoca si dilettava con un registratore e, per provare la nuova strumentazione, registrò il set dei Monkeys. Il resto è storia.