L'edizione 2013 dell’Heineken Open'er Festival ha avuto luogo dal 3 al 6 luglio nella costa settentrionale della Polonia, a Gdynia, città portuale sul mar Baltico, nell'area dell'aeroporto militare di Kosakowo. Tra gli ospiti di questa edizione (la dodicesima) della kermesse polacca: Blur, Arctic Monkeys, Queens Of The Stone Age, Kings Of Leon, Editors, Tame Impala, Skunk Anansie, Nick Cave & The Bad Seeds, The National, Alt-J, Palma Violets, Animal Collective, These New Puritans e tanti altri...
L'area del festival è un'immensa distesa di verde di 75 ettari, divisa in diversi stages (Open'er Stage, Tent Stage, Alterklub Stage, Alter Space, Beat Stage, Silent Disco, Theatre, Alterkino Cinema, Fashion Stage, Heineken Design Pavilion) dove si alternano, oltre alle perfomances musicali, esposizioni teatrali, artistiche, cinematografiche etc. Grazie a prezzi contenuti (127€ il prezzo del ticket per l’intera durata del festival, campeggio compreso; birre Heineken a 1.40€, non annacquate; trasporti gratis per i partecipanti al festival, WI-FI gratuito, cibo a prezzo ragionevole, etc.), artisti di qualità, ambiente amichevole, clima favorevole e (perché no) belle donne… l’Heineken Open’er Festival si è rilevato un ottimo investimento per un’estate all’insegna della musica.
Il 4 luglio, seconda serata del festival, è la serata degli Arctic Monkeys. Ma ad aprire il Main Stage sono stati i sorprendenti Tame Impala, migliori interpreti della psichedelica dei giorni nostri. Il loro set si dimostra un fantastico viaggio della durata di 12 pezzi. La serata è chiusa, invece, da Nick Cave & The Bad Seeds, un ispiratissimo Nick Cave esegue pezzi storici della sua trentennale carriera, compresa “Red Right Hand” (brano ripreso dagli Arctic Monkeys come b-side del singolo “Crying Lightning”).
Tornando agli Arctic Monkeys, alle 22.00 in punto è arrivata l’ora del quartetto di Sheffield, che si presenta su un palco essenziale come sempre, sul quale giganteggiano le due enormi lettere luminose che danno il nome al prossimo album in uscita il 9 settembre prossimo (AM, per l’appunto). Gli sheffieldiani aprono le danze con una ben riuscita doppietta: l’ipnotico nuovo singolo “Do I Wanna Know?” e “Brianstorm”, un vero e proprio richiamo al pogo. Il set continua senza interruzioni, e un Alex Turner sempre più adrenalinico ci guida attraverso successi del passato (“Crying Lightning”, “Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved Your Chair”, “Teddy Picker”, “Fluorescent Adolescent”) ed altri brani ripescati dopo qualche anno di assenza dalle scalette-arctiche (“Fake Tales Of San Francisco”, “Dancing Shoes”, “Old Yellow Bricks”). I (pochi) momenti di “pausa”, sul palco, così come tra il pubblico, sono rappresentati dalla semi-ballad “She’s Thunderstorms” e la nuova “Mad Sounds”, insipida per la verità. Ma la band se la cava alla grande e il pubblico gradisce, Alex Turner sembra tutt’altro frontman rispetto al ragazzino quasi impaurito degli esordi, è più loquace, sembra quasi a suo agio. Matt Helders è la “bestia agile” che tutti conosciamo e sfoggia sulla scintillante batteria una nuova sigla: “0114”, il prefisso telefonico di Sheffield. Nick O’ Malley e Jamie Cook, seppur meno appariscenti rispetto ai bandmates e con un talento sicuramente minore si dimostrano come sempre all’altezza. Tuttavia i brani più attesi sembrano essere “I Bet You Look Good On The Dancefloor” (con tanto di dedica da parte di Alex alle ragazze altrui…) e “R U Mine?” (“tonight i’m yours Poland, but the question is… Are You Mine?”), singolo rilasciato nel 2012 e che sarà presente in “AM”, ma che sembra davvero tra i pezzi più apprezzati dai fans. Ma il momento top della serata è “A Certain Romance”, ultimo brano prima dell’encore, brano che forse più degli altri riesce a trasmettere un senso di nostalgia verso i primi lavori delle Scimmie Artiche. Gli Arctic tornano sul palco e Alex esordisce con l’ormai solito “would you wanna stand a couple more?” e presentano svigorite versioni in chiave acustica di “Mardy Bum” e “Cornerstone” per poi terminare con il botto di “When The Sun Goes Down” e la struggente “505”.
La sensazione, a fine festival, è che la perfomance degli Arctic Monkeys sia sta forse quella più gradita ed attesa dal pubblico. La capacità di Alex e soci di abbinare in un set di 80 minuti ballads, inni rock, pezzi da sing-along, da dancefloor, etc. è una capacita non comune dei gruppi del nuovo millennio e la nuova verve che Alex sembra aver trovato sul palco può segnare forse la svolta significativa, e meritata, della loro carriera. Attendendo “AM”…
La scaletta della serata: Do I Wanna Know? Brianstorm Dancing Shoes Don't Sit Down 'Cause I've Moved Your Chair Teddy Picker Crying Lightning Brick by Brick Fake Tales of San Francisco She's Thunderstorms Old Yellow Bricks Pretty Visitors I Bet You Look Good on the Dancefloor Do Me a Favour R U Mine? Mad Sounds Fluorescent Adolescent A Certain Romance Cornerstone Mardy Bum When the Sun Goes Down 505
Un ringraziamento speciale va ai miei compagni di viaggio: Tommaso Castaldo, Angelo Cicatiello e Maurizio Maglione.
_________________ i heard the piledriver waltz, it woke me up this morning...
"This is nat my cantray, but it's the same" (cit.)
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